Di frequente le amministazioni locali usano come dissuasori di velocità le famose colonnine arancioni, spesso prive di telecamere perché acquisto, manutenzione e taratura sono costose. Tuttavia il Ministero dei Trasporti ha chiarito che questa pratica non rientra nella normativa del Codice della Strada. Anzi, configura un danno erariale.
Il dissuasore elettronico è dunque un sistema ideato su base educativa e non punitiva, con la sua applicazione più virtuosa costituita dall’impianto di monitoraggio che, al superamento del limite di velocità, combina l’accensione del semaforo rosso posizionato qualche centinaio di metri più avanti, obbligando l’automobilista indisciplinato ad una fastidiosa sosta.
Ma c’è anche un “però”. Perché il marchingegno più utilizzato dalle amministrazioni come dissuasore rimane in realtà lo “speed check”, la colonnina cilindrica di colore arancione posta a bordo strada, spesso nei centri abitati o su vie di collegamento ad alta percorrenza: in gran parte, queste colonnine sono vuote e lavorano sfruttando soltanto l’effetto deterrente, poiché acquisto, manutenzione e taratura periodica delle telecamere di rilevazione della velocità approvate dalla legge (che andrebbero montate al loro interno) sono molto costose e dunque spesso evitate.
Ma qui… casca il famoso asino. Perché, come spiega il sito specializzato laleggepertutti.it, il parere 24 luglio 2012 n. 4295 del Ministero Infrastrutture e Trasporti in risposta alle prefetture spiega chiaramente che gli “speed check”, se impiegati senza contenere l’apparecchio elettronico di rilevamento vero e proprio, non sono in realtà approvati da alcuna normativa in corso, poiché non richiamabili ad alcuna categoria di segnaletica stradale prevista dal Codice della Strada. Insomma: l’uso della più economica colonnina “vuota”, esclusivamente in vece di deterrente psicologico non è legale e può essere indagato per danno erariale, poiché si tratta di acquisto con soldi pubblici di dispositivo non regolare.